Dipendenze “vecchie” e “nuove”

(Alcoldipendenza, Gioco d’Azzardo Patologico, dipendenza da internet, dipendenza affettiva, shopping compulsivo, sexual addiction, dipendenza da lavoro)
La distinzione tra “vecchie” e “nuove” dipendenze è in riferimento all’oggetto di dipendenza: le prime comprendono tutte quelle dipendenze correlate all’uso di una sostanza (come ad esempio la dipendenza da alcol), le seconde invece comprendono tutte quelle nuove forme di dipendenza in cui non è implicato l’uso di alcuna sostanza, ma l’oggetto della dipendenza è un comportamento o un’attività lecita o socialmente accettata come lavorare, fare acquisti, navigare su internet, giocare ecc ma portati ad un eccesso.

L’alcolismo

L’alcolismo è una patologia che comporta l’impossibilità da parte di chi ne soffre di interrompere l’uso dell’alcol e per l’incontrollabile ed insaziabile desiderio di assumere sostanze alcoliche.

Nonostante la persona si renda conto che l’alcol fa male e voglia abbandonarne l’assunzione, si ritrova ad esserne schiava e a non poterlo più controllare. Ciò provocherà all’alcolista una forte dipendenza fisica e psicologica, una sindrome di astinenza quando smette di bere, ed un aumento del livello di tolleranza alla sostanza, cioè sentirà il bisogno di bere quantità sempre maggiori per produrre gli stessi effetti.

I sintomi più tipici sono: nausea, sudorazione, irrequietezza, irritabilità, tremori, allucinazioni e convulsioni. L’abuso di alcol porta inevitabilmente a danni fisici e mortalità, conseguente a complicazioni epatiche, neurologiche e cardiache.

Le conseguenze del bere però non solo sul piano fisico ma comportano inevitabilmente anche gravi ripercussioni sul piano dell’adattamento sociale e familiare. Sul piano familiare, tutti i componenti si ritrovano investiti da un grave disagio ed una grande sofferenza, caratterizzata da litigi, accuse ed interruzione della comunicazione.

Il fenomeno dell’alcolismo è ormai diffuso anche tra gli adolescenti, che sono maggiormente a rischio tra i 15 ed i 24 anni. I segni che fanno ipotizzare un abuso di alcol nei giovani comprendono un calo del rendimento scolastico, la frequentazione di gruppi di amici diversi, un comportamento delinquenziale ed un peggioramento dei rapporti con la famiglia.

Cosa si può fare?

Il primo passo è quello di riconoscere il problema da parte di chi ne soffre. Cosa che spesso invece viene nascosta e poi negata, spesso anche davanti all’evidenza.

Dopo che si è riconosciuto di avere un problema, il successivo passo è quello di smettere completamente di bere. Per chi soffre di alcolismo il bere controllato è un obiettivo non percorribile anche se fortemente desiderato dalla persona che ne soffre.

Quindi dopo che la persona ha smesso di bere, l’altro importantissimo step è quello di non ricominciare a farlo: una delle caratteristiche di questa malattia è il costante rischio di ricaduta.

Mantenere la sobrietà è sicuramente il compito più difficile per la persona. È per questo che è assolutamente necessario che la persona che soffre di alcolismo sia altamente motivata a risolvere il proprio problema.

Essere motivati vuol dire rendersi conto che l’alcol costituisce un problema e che non è possibile risolverlo da soli. Una volta raggiunta questa consapevolezza si può iniziare ad intervenire. Spesso l’alcolista può tentare di smettere da solo, ma è molto difficile riuscirci. È infatti necessario essere seguiti da una catena terapeutica multidisciplinare, che veda il coinvolgimento di medici, psichiatri, psicologi, assistenti sociali e altri specialisti, che possano fornire tutto l’appoggio e le conoscenze per uscire dal problema. La cura dell’alcolismo è finalizzata da un lato a combattere l’intossicazione e le manifestazioni acute dell’astinenza, e dall’altro a mantenere lo stato di sobrietà e ad evitare le ricadute. L’intervento comprende psicoterapie, trattamenti farmacologici, partecipazione a gruppi di auto-aiuto e, quando necessario, la residenza in strutture per la disintossicazione e riabilitazione degli alcolisti, o il supporto da parte di associazioni ad essi dedicate.

Il Disturbo da Gioco d’Azzardo (Gambling Disorders)

Il gioco d’azzardodefinito l’eroina del nuovo millennio – ha assunto, anche nel nostro Paese, dimensioni rilevanti anche se non ancora ben definite e una forte spinta commerciale facilmente percepibile dalle innumerevoli pubblicità che, sempre più, sono presenti sui media.

Il gioco d’azzardo porta con sé un rischio che, in particolari gruppi di persone ad alta vulnerabilità, può sfociare in una vera e propria dipendenza comportamentale (Gioco d’Azzardo Patologico – GAP). Questa condizione è riconosciuta come un disturbo compulsivo complesso e cioè una forma patologica che può comportare gravi disagi per la persona, derivanti dall’incontrollabilità del proprio comportamento di gioco, e contemporaneamente la possibilità di entrare in contatto con organizzazioni criminali del gioco illegale ma, anche e soprattutto, con quelle dell’usura. Infatti, da un punto di vista sociale i soggetti affetti da GAP presentano un elevato rischio di compromissione finanziaria personale che ha evidenti ripercussioni in ambito familiare e lavorativo, fino ad arrivare a gravi indebitamenti e alla richiesta di prestiti usuranti. Quindi il danno che arreca, purtroppo, non colpisce solo il singolo, ma anche chi gli è vicino.

La patologia

Il gioco d’azzardo si può definire come un’attività ludica nella quale si effettua una scommessa su eventi di diverso tipo dove è il caso, in grado variabile, che ne determina l’esito. Il giocatore deve scommettere del denaro o un oggetto, una volta messa la posta questa non può essere ritirata, l’esito dipende soprattutto dalla “fortuna”.

Il disturbo da gioco d’azzardo è definito come un comportamento problematico di gioco d’azzardo, persistente e ricorrente, che causa difficoltà o disagio clinicamente significativi.

Il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-V) lo inserisce nella categoria della Dipendenza, poiché condivide con i disturbi da uso di sostanze molte caratteristiche, tanto che i criteri utilizzati per diagnosticarli sono del tutto simili: entrambi presentano tolleranza, craving ed astinenza, oltre ad un rilevante impatto sulla vita personale, familiare, sociale, finanziaria e legale del soggetto.

I giocatori patologici sono sopraffatti da un’incontrollabile desiderio di giocare, che li porta alla perdita di controllo nel comportamento del gioco, quindi ad una serie di perdite ed a una crescente importanza del gioco nella loro vita.

Tale patologia porta spesso a drammatiche conseguenze personali, familiari e dunque sociali: rovesci finanziari, divorzio, perdita del lavoro, dipendenza da droghe o da alcol fino, in alcuni tragici casi, al suicidio. Il rischio maggiore è quello dell’indebitamento, fino a cadere nel circolo vizioso di spaccio, prostituzione e soprattutto usura.

Alcuni dati

Alcuni esperti sostengono che il gioco d’azzardo stia dando origine alla forma patologica da dipendenza a più rapida crescita tra i giovani e gli adulti.

Si arrivano a scommettere fino a 20 euro a settimana alle macchinette o in altro modo: i preferiti rimangono il Gratta&Vinci e le scommesse sportive.

Il numero dei giocatori è amplificato, in Italia, dalla presenza di una slot machine ogni 143 abitanti. Infine il gioco “passivo” coinvolge, per ogni giocatore, tra le 5 e le 7 persone. Una categoria che comprende mogli, figli, genitori, ma anche colleghi, datori di lavoro, fornitori.

Dipendenza da internet o “Internet Addiction Disorder”

Le nuove tecnologie si sono diffuse velocemente e hanno modificato la nostra vita e il nostro modo di comunicare, portando al contempo anche alcune problematiche quali la dipendenza psicologica che procurano, specie per le giovani generazioni.

Video giochi, cellulare e internet, vedono già molte persone esserne dipendenti, soprattutto ragazzi adolescenti e recentemente anche quelli più giovani, che trascorrono molte ore del giorno e della notte utilizzandoli e isolandosi dal mondo che li circonda. Fenomeni come la dipendenza da pornografia “on line” (film, immagini, chat erotiche, ecc.), del gioco d’azzardo on line sono molto più diffusi di quanto si possa credere.           

Il Giappone, paese tecnologicamente più avanzato del nostro, presenta già esperienze non indifferenti, anche dal punto di vista numerico, riguardo la dipendenza dalla tecnologia specie nei giovani. L’Hikikomori, fenomeno giapponese di disagio sociale e psicologico che recentemente ha trovato l’attenzione dell’opinione pubblica occidentale, vede non solo l’isolamento del giovane dalla vita esterna, dai rapporti con gli altri, relegato nella propria camera, ma anche l’utilizzo di internet, televisione, web-cam, per mantenere quel “contatto umano” che l’individuo non può non avere.

L’espressione “Internet Addiction Disorder” (IAD) è stata utilizzata per la prima volta nel 1995 da Ivan Goldberg, psichiatra americano, che riferendosi a tale patologia, propose di equiparare i criteri diagnostici per questo disturbo a quelli definiti nel DSM-IV per il gioco d’azzardo patologico.

Tale termine (Internet addiction disorder) risulta però abbastanza vago poiché si trova a comprendere al suo interno una vasta gamma di comportamenti e problemi di controllo degli impulsi.

Seguendo la classificazione effettuata da Kimberly Young, fondatrice del “Center for Online Addiction”, si possono distinguere 5 specifici tipi di dipendenza da internet:

– Dipendenza ciber-sessuale (dal sesso virtuale): comprende sia soggetti dediti allo scaricamento e utilizzo di materiale pornografico on-line, sia le persone coinvolte in chat-room per soli adulti. Frequentemente si accompagna a masturbazione compulsiva (le persone non incontrano altre persone reali);

Dipendenza ciber-relazionale (dalle relazioni virtuali): si riferisce ad individui “eccessivamente” coinvolti in relazioni on-line. Per questi soggetti il mondo virtuale diventa rapidamente sempre più importante, e tendono a trascurare i rapporti nella “realtà” con la famiglia e gli amici “reali”;

Net Gaming: comprende quelle persone che passano molto tempo in rete nei giochi on-line (videogame, gioco d’azzardo) o facendo shopping o commercio on-line;

Sovraccarico cognitivo: si riferisce alle persone che trascorrono sempre maggiori quantità di tempo nella ricerca e organizzazione di dati dal web, data la vastità dei dati disponibili nella rete;

Gioco al computer: questo tipo di dipendenza caratterizza le persone che passano sempre maggiore tempo al computer giocando a giochi che non prevedono l’interazione di più giocatori e che non sono giocati in rete (giochi come solitario e campo minato, per citare quelli che andavano di moda già negli anni ’80).

Internet è uno strumento straordinario: le persone stando comodamente nelle loro case, “al sicuro”, possono entrare in contatto in un attimo con realtà lontane e diverse, provando intensi e piacevoli sentimenti di fuga e superando on-line i problemi della “vita reale”. Si ha il superamento di ogni limite personale e spazio temporale e questo genera un senso di onnipotenza (fenomeno presente anche negli utilizzatori di sostanze psicotrope).

Inoltre questo strumento straordinario è ormai diffusissimo e di facile utilizzo: basta avere uno smartphone con la connessione dati, e oramai nella maggior parte delle case è presente almeno un computer e una connessione alla rete. Quindi la percezione di un possibile rischio legato all’uso di internet è praticamente inesistente, proprio perché è visto comunemente come uno strumento molto utile. Questo fatto quindi facilita la negazione del problema da parte della persona dipendente, che arriva quindi raramente o molto tardi a chiedere aiuto.

La persona che soffre di dipendenza da internet si distingue per un forte bisogno di trascorrere sempre più tempo sul web per trarne piacere e contemporaneamente di un calo di interesse per altre attività. Il dipendente da internet trascorre molta parte del suo tempo in attività legate alla rete e, nonostante la consapevolezza che questo sia per lui causa di problemi “fisici” (a gli occhi, articolazioni, persino attacchi epilettici, ecc.), sociali e psicologici, continua ad andare sul web, non riesce ad astenersi, o a moderare il suo uso. D’altro canto, la sospensione o diminuzione di questo comportamento gli crea ansia, agitazione psicomotoria, pensieri ossessivi (“cosa succede sul web”) e depressione.

Lo shopping compulsivo o dipendenza dagli acquisti

Questa “nuova dipendenza” è prevalentemente diffusa tra le donne, generalmente di fascia sociale media e con un’età di circa 40 anni.

La “shopper” compulsiva si distingue per una disposizione a soddisfare un bisogno continuo, improvviso e irrefrenabile di acquisto.

Nello specifico si può parlare di shopping compulsivo quando:

–   gli acquisti si ripetono più volte in una settimana;

il denaro investito per lo shopping è eccessivo rispetto alle proprie possibilità economiche;

–   gli acquisti perdono la loro ragione d’essere: non importa che cosa si compri, ciò che conta è comprare, anche più volte lo stesso oggetto, soddisfare un bisogno irrefrenabile che spinge a entrare in un negozio e uscirne carichi di pacchi;

– quando il bisogno di fare shopping non può essere soddisfatto, il mancato acquisto crea profonde crisi di ansia e frustrazione;

–   la dedizione agli acquisti compare come qualcosa di nuovo rispetto alle abitudini precedenti.

La Dipendenza Affettiva

La persona che soffre di questo disturbo tende ad instaurare relazioni affettive “patologiche”, caratterizzate da scarsa o nessuna reciprocità. Il dipendente affettivo si dona completamente al partner, che è generalmente problematico o sfuggente, e fa di lui l’unica ragione di vita. Per questo fa di tutto, o quasi, per compiacerne i bisogni: le donne generalmente manifestano comportamenti protettivi, svolgendo il ruolo di mamma o di infermiera in base alle circostanze, arrivando perfino a sopportare violenze pur di non perderlo, perché senza di lui si sentirebbero perse; l’uomo invece tende o a mascherare il proprio bisogno d’affetto, investendo gran parte delle energie nel lavoro o in hobby, o ad agire comportamenti eccessivamente protettivi, sconfinando nella gelosia patologica.

Da quanto esposto emerge chiaramente come la co-dipendenza dei familiari di persone con dipendenze da sostanze si può far rientrare tra le dipendenze affettive.

La Sexual Addiction o dipendenza sessuale

È un disturbo psicologico e comportamentale nel quale l’individuo sperimenta il bisogno persistente e crescente di avere rapporti sessuali o comunque di pensare al sesso, e quindi una dipendenza dall’attività sessuale, nonostante il manifestarsi di conseguenze negative, per sé e per gli altri. La soddisfazione di questo bisogno procura piacere, ma allo stesso tempo genera disagio, ansia, malessere, senso di vergogna, perdita di denaro.

L’individuo percepisce la sessualità come elemento centrale della sua vita: pensano al sesso, lo cercano, lo praticano in continuazione, spesso mettendo in crisi i loro rapporti di coppia, perché i partners non riescono a reggere i loro ritmi, ricorrono a rapporti a pagamento.

La dipendenza dal lavoro

In America questa dipendenza è stata denominata “workaholism”, facendo riferimento al termine inglese “alcoholism” con cui si designa la dipendenza da alcol.

È un fenomeno moderno, spesso sottovalutato poiché la nostra società attribuisce una grande importanza alla realizzazione professionale.

La dipendenza da lavoro è un disturbo che caratterizza una persona così dedita al lavoro da relegare in secondo piano la sua vita sociale e familiare sino a causare danni a se stessa e alla propria famiglia. Il lavoro ha infatti un effetto anestetizzante sull’individuo dipendente, sulla sua sfera emotiva, rendendolo distaccato e insensibile.
La persona che soffre di questa dipendenza è incapace di regolare le proprie abitudini di lavoro, il suo bisogno di lavorare è talmente eccessivo da creare notevoli disagi ed interferenze nello stato di salute, nella felicità personale, nelle relazioni personali e familiari e nel suo funzionamento sociale. Non di rado si arriva a perdere rapporti affettivi (separazioni) e attività praticate in precedenza (sport, hobbies, ecc.)

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