E’ ormai un dato stabile che nel mondola popolazione più anziana continua a crescere a un ritmo senza precedenti. E l’Italia in questo è tra i Paesi capofila. Questo fatto, che le persone vivono più a lungo, non significa però necessariamente che lo facciano in modo più sano. Infatti sempre più persone soffrono di malattiecroniche, ossia malattie che hanno un’insorgenza lenta e una durata lunga, e tra queste in particolare le malattie neurodegenerative croniche come la demenza e il morbo di Alzheimer.

La demenza

Si parla di demenza quando la persona che ne soffre presenta un declino delle facoltà mentali sufficientemente grave da interferire con la vita quotidiana. La perdita di memoria è un esempio di questo declino. Il morbo di Alzheimer rappresenta la più comune tipologia di demenza.

La demenza è una psicopatologia socialmente importante per le sue conseguenze sulle persone colpite, sui loro familiari e sulla società in generale in termini di risorse e servizi.

Una caratteristica importante e peculiare delle patologie degenerative e della demenza in particolare è la progressione dei sintomi, per cui dal momento della diagnosi alla morte possono passare alcuni anni (una media tra gli 8 e i 12) durante i quali il quadro sintomatologico si modifica. In questo arco di tempo la persona affetta attraversa vari stadi caratterizzati da una diversa costellazione di sintomi e di capacità residue.

Alcuni ricercatori, osservando la progressione della demenza, hanno coniato la metafora degli scaffali di una libreria sovrapposti l’uno all’altro: la patologia porta del disordine e della disorganizzazione nei ripiani con modalità successiva; allo stadio iniziale si può osservare del disordine, delle difficoltà,nello svolgimento di abilità quotidiane ma gli aspetti comportamentali, emozionali e sensoriali sono relativamente intatti, così come le informazioni apprese in precedenza; successivamente si può osservare “il disordine del secondo scaffale” che comporta una perdita significativa delle capacità di comprensione e di comunicazione relative alle operazioni della vita di ogni giorno, in particolare per gli aspetti verbali, mentre rimangono in ordine “gli scaffali” che contengono gli elementi della comunicazione non verbale, le componenti emotive, le funzioni sensorialie quelle motorie.Queste ultime infine subiranno una compromissione nelle fasi successive.

Il caregiver

L’Alzheirmer e la demenza in generale sono patologie che non affliggono soltanto il malato, ma che si ripercuotonopesantemente anche su coloro che lo assistono, il caregiver appunto. Con tale termine infatti ci si riferisce a “colui che si prende cura” della persona malata, e generalmente sono i familiari che assolvono questo ruolo: il coniuge, i figli, i fratelli o altri parenti.

Fare, o anzi essere, il caregiver  non è affatto semplice, poiché implica il doversi confrontare  con la sofferenza di vedere cambiare progressivamente il proprio caro (moglie, marito, fratello, sorella,  madre, padre). Questo perché il decorso della patologia porta il malato a modificare/perdere progressivamente le proprie capacità e qualità che lo contraddistinguevano fino a quel momento.

Una delle difficoltà maggiori che incontrano tutti i caregiver, infatti è proprio quella di accettare la malattia del proprio caro. Accettare la malattia significa accettare che la persona che abbiamo avuto accanto fino a quel momento piano piano cambierà e non sarà più quella di prima. Significa quindi lasciarla andare ed imparare a stare, comunicare e amare la nuova persona che abbiamo accanto. E questo lo dobbiamo fare costantemente perché la persona malata continuerà a cambiare con il passare del tempo. Significa capire che non lo fa apposta a non capire, dimenticare, fare confusione o sporcare. Non è volontario, fa parte della malattia e la persona non può fare altrimenti.Per la persona con demenza anche i gesti più semplici diventano faticosi, può fare più volte le stesse domande e non riconoscere i volti dei propri cari. Infine, confondendo persone e luoghi, può mettere in atto comportamenti non adeguati alla situazione ed a volte imbarazzanti; può manifestare nervosismo o aggressività senza apparente motivo.

Accettare tutto questo,per un figlio o per il coniuge, può essere devastante: depressione, angoscia,paura, rabbia, dolore, senso di colpa, vergogna, sono solo alcuni dei sentimenti con cui ci si trova a confrontare. Ed è anche sfiancante perché nel tempo il malato richiede un’assistenza continua per aiutarlo a lavarsi, vestirsi, mangiare, uscire, muoversi all’interno della propria casa.

Consigli per il caregiver

E’ importante che il caregiver non si isoli e pensi di poter fare tutto da solo: lasciatevi aiutare, sia psicologicamente che materialmente, perché può risultare difficile affrontare tutto da soli.

Informatevi sulle risorse che sono disponibili nel vostro territorio (servizi di assistenza a domicilio, centri diurni, residenze protette, centri notturni) e prendete contatto con le associazioni di volontariato che si occupano attivamente di demenza nella vostra città (AMA, AIMA).

Cercate aiuto da familiari e amici, oppure provate a frequentare gruppi di auto-aiuto in cui confrontarvi con persone che si trovano nella vostra stessa situazione.

Inoltre, sia se il peso emotivo che vi portate dietro inizia ad essere schiacciante, sia per comprendere ed apprendere come meglio  riuscire a stare accanto alla persona malata ed esserle quindi di aiuto, rivolgetevi ad un professionista, psicologo o psicoterapeuta, formato sull’argomento.

Liberati del peso emotivo

Chiedi un primo appuntamento con la Dott.ssa Corinna Dagliana