L’avanzare dell’età è un fenomeno complesso: è un processo di cambiamenti a più livelli con influenze biologiche, comportamentali, sociali, ambientali che interagiscono tra loro.

Quando si diventa vecchi?

In ambito scientifico per convenzione si parla di “età anziana” per riferirsi all’ultima parte dell’arco della vita. L’età anziana ha come limite inferiore i 65 anni e come limite superiore la morte.

All’interno dell’età anziana si distingue tra:

  • giovani-anziani con un’età compresa tra i 64 e i 74 anni (terza età);
  • anziani tra i 75 e gli 85 anni;
  • grandi-vecchi tra gli 85 e i 99 anni;
  • centenari dai 100 anni in su.

L’età anziana si caratterizza più per diversità che per omogeneità, a differenza di altri periodi della vita caratterizzati da maggiori somiglianze interne. Tenere in considerazione le differenze aiuta a comprendere meglio i cambiamenti che avvengono con l’età: per esempio nei grandi-vecchi si assiste alla diminuzione radicale di tutte le abilità cognitive a causa del maggior declino a livello organico-biologico che limita la possibilità di utilizzare strategie di compensazione; mentre tra i giovani-anziani, in cui solo alcune abilità risentono del peso dell’età, rimane la possibilità di compensare, attraverso abilità ancora intatte, quelle che invece iniziano a declinare.

Cambiamenti cognitivi

L’avanzare dell’età comporta non solo una serie di cambiamenti a livello fisico-sensoriale ma anche una serie di cambiamenti nella sfera cognitiva.

Per anni si è ritenuto erroneamente che con l’invecchiamento il cervello avesse un inesorabile declino con progressive e irreversibili perdite fisiologiche. Se tale declino è un fatto innegabile, i dati rilevano però una forte variabilità nell’ampiezza dei deficit fra gli individui anziani e fra i vari sistemi neurofunzionali.

Un numero crescente di studi mostra che gli anziani riescono ad apprendere e a potenziare vari aspetti della cognizione, quali la memoria, l’attenzione selettiva e sostenuta, così come ad ottenere soddisfacenti risultati in prove di intelligenza. Tale evidenza rinforzano la visione secondo cui ad ogni età si può apprendere.

Infatti con l’avanzare dell’età si ha un declino in alcuni ambiti cognitivi, ma non tutte le abilità ne risentono: alcune infatti rimangono stabili nel corso della vita, altre addirittura si sviluppano e si perfezionano, come le abilità verbali.

Vanno distinte infatti due componenti: le componenti fluide (ragionamento, memoria, pensiero astratto) che sono molto sensibili all’età e le componenti cristallizzate (abilità legate alle esperienze accumulate nel corso della vita) che rimangono stabili con l’età. Quindi questi due tipi di abilità fanno emergere che l’invecchiamento è un fenomeno multidimensionale e multidirezionale, dove diverse dimensioni seguono andamenti differenziati.

Gli studi hanno mostrato quindi che ci sono dei guadagni anche nell’età adulta avanzata. Questi ultimi si traducono nella capacità di attuare dei meccanismi compensatori per mantenere un elevato livello funzionale in presenza di perdite fisiologiche. Grazie alle tecniche di visualizzazione cerebrale oggi abbiamo le prove della plasticità del cervello dell’anziano: nell’invecchiamento si assiste ad una sorta di riorganizzazione funzionale che permette all’anziano di mantenere adeguati, se non alti, livelli di prestazione nonostante il declino biologico.

Lo sviluppo cerebrale, durante tutto l’arco di vita, si caratterizza quindi sia per guadagni che per perdite, e non da una crescita lineare dall’infanzia fino all’età adulta seguita da un declino generale nell’età adulta avanzata.

Intelligenza e memoria nell’invecchiamento

Lo studio dell’invecchiamento cognitivo normale (cognitive aging) mostra che i cambiamenti cognitivi che caratterizzano l’avanzare dell’età sono specifici a certe abilità e sistemi di memoria e non generali.

Oggi è sostenuto l’approccio life span (arco delle vita) secondo il quale le modificazioni psicologiche caratterizzano tutto l’arco della vita: lo sviluppo, inteso come un continuo riequilibrio tra nuove acquisizioni e la perdita di alcune abilità, caratterizza ogni fase della vita.

L’invecchiamento cognitivo si caratterizza per una elevata eterogeneità e variabilità interindividuale e ogni fase della vita e del nostro sviluppo mentale è caratterizzata da nuove acquisizioni, anche se queste si accompagnano inevitabilmente a un maggior numero di perdite con l’avanzare dell’età.

L’intelligenza e le abilità dell’anziano

Dobbiamo innanzitutto distinguere tra intelligenza fluida e intelligenza cristallizzata. La prima permette di adattarsi a situazione nuove, a nuovi problemi (questo tipo di intelligenza dipenderebbe da fattori di ordine biologico e fisiologico), la seconda si basa invece sulle conoscenze e le capacità acquisite con l’esperienza, strettamente legate alla cultura. I due tipi di intelligenza durante l’arco di vita seguono traiettorie ben distinte. Mentre l’intelligenza cristallizzata rimane stabile con l’età e in alcuni casi migliora con l’età stessa, in quanto dipende dalle esperienze accumulate, l’intelligenza fluida che è legata alle trasformazioni del sistema nervoso tende a declinare con l’età.

Ogni prova e attività cognitiva richiede comunque sia abilità cristallizzate che abilità fluide dell’intelligenza ma a seconda della prova da eseguire il peso di una delle due componenti può essere più o meno determinante per la sua riuscita.

Il declino di tutte le componenti dell’intelligenza avviene invece a tarda età, quando i fattori biologici diventano molto influenti e preponderanti.

La memoria nell’invecchiamento

È ancora molto diffuso lo stereotipo, soprattutto tra gli anziani stessi, che con l’avanzare dell’età c’è un declino inevitabile della memoria. Gli anziani tendono a vivere i cambiamenti della loro memoria in termini di peggioramento, tendono ad avere credenze negative e percepiscono e riportano di avere frequenti dimenticanze. Questo è un problema perché le ricerche hanno mostrato come gli aspetti motivazionali sono molto importanti nell’influenzare le prestazioni di memoria: l’autoefficacia percepita (la percezione di poter affrontare un compito in modo adeguato), la fiducia nelle proprie capacità e le credenze relative alla memoria sono tutti aspetti che possono facilitare oppure ostacolare un buon funzionamento mnestico. Una buona fiducia nelle proprie capacità e la credenza positiva di potersi migliorare grazie all’impegno mobilitano le proprie risorse cognitive e permettono di organizzare e gestire efficacemente una serie di azioni volte al raggiungimento dell’obiettivo prefissato come, ad esempio, riuscire bene in una prestazione di memoria. Quindi i giudizi di bassa efficacia relativa ad un buon funzionamento della memoria indeboliscono nell’anziano la motivazione sia ad impegnarsi in nuove situazioni di memoria, che a riuscire in una data prova cognitiva. Il non percepirsi efficaci porta ad una forte demotivazione, che si manifesta con una scarsa propensione all’uso di strategie utili e all’evitamento di situazioni sfidanti percepite come possibilità di fallimento.

Uno dei prerequisiti fondamentali per un invecchiamento di successo consiste nell’avere un atteggiamento attivo in situazioni che richiedono l’intervento della memoria, fattore che rappresenta una delle migliori forme di prevenzione all’invecchiamento cognitivo prematuro in tarda età.

La memoria non è un unico sistema, ma un insieme di sistemi intercorrelati – memoria a breve termine e memoria a lungo termine – che mostrano un declino non omogeneo e una differente sensibilità agli effetti dell’invecchiamento normale.

All’aumentare dell’età peggiorano sensibilmente la memoria di lavoro, la memoria episodica e quella prospettica; si mantengono sostanzialmente inalterate la memoria a breve termine primaria, la memoria autobiografica e quella procedurale. Si mantiene costante, o addirittura migliora, la memoria semantica, legata ad informazioni consolidate e regolarmente recuperate.

Inoltre, poiché esistono delle differenze individuali, è possibile riscontrare per alcuni anziani un livello di prestazione nelle prove di memoria superiore a quello di molti giovani e, per lo stesso motivo, il declino della memoria con l’avanzare dell’età può essere più importante per alcuni anziani rispetto ad altri.

Il ricordo può essere visto come un insieme di operazioni che includono l’acquisizione (codifica) delle informazioni e il loro successivo recupero.

Gli anziani spesso codificano (acquisizione delle informazioni) con successo simile a quello dei giovani il materiale in maniera incidentale, mentre hanno più difficoltà quando devono apprendere intenzionalmente delle informazioni. Il problema quindi sarebbe a livello delle strategie utilizzate, per cui durante la fase di codifica gli anziani non userebbero strategie adeguate. Proprio per questa ragione, proprio come per il recupero delle informazioni, le difficoltà di codifica legate all’età possono essere compensate attraverso l’insegnamento di mnemotecniche in training strategici.

Interventi, strategie e tecniche per incrementare la memoria

Non esiste un intervento magico che risolva le difficoltà di memoria, ma esistono strategie che aiutano l’adulto e l’anziano a gestire i cambiamenti che si verificano con l’avanzare dell’età, incrementando e potenziando le capacità cognitive. Le ricerche hanno evidenziato infatti che la memoria degli anziani può essere potenziata e ri-attivata grazie ad una latente capacità di apprendimento, ossia ad una riserva cognitiva che caratterizza anche l’età adulta avanzata.

I training di memoria hanno come obiettivo quello di favorire una codifica più efficace e di migliorare il recupero delle informazioni. Si ricordano, ad esempio, meglio le informazioni che sono elaborate in modo profondo e significativo: quanto più ricca e ampia è stata l’elaborazione dell’informazione, cioè quanto più è stato profuso uno sforzo per dare significato al materiale collegandolo con le informazioni che già si possiedono, tanto migliore sarà il ricordo. Se alcune delle informazioni da ricordare sono già di per sé significative ed interessanti, altre possono richiedere uno sforzo attivo che conferisca loro un senso.

Vi sono numerose strategie per potenziare la memoria che, in base al contesto specifico e alle differenze individuali, possono essere adottate. Le strategie comprendono tutte quelle attività che aiutano la memoria attraverso l’applicazione sistematica di un “piano di azione”.

Il mio suggerimento per chiunque voglia migliorare le proprie capacità mnestiche e prevenire un invecchiamento cognitivo prematuro è quello di rivolgersi ad un professionista formato il cui compito sarà quello di insegnare varie strategie per dare ad ognuno la possibilità di adottare quella che meglio si addice alle proprie caratteristiche cognitive e di personalità.

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