La società in cui viviamo ci proietta continuamente all’esterno, lontano da noi stessi, ci spinge continuamente a pensare al futuro (dobbiamo studiare per poter lavorare, e poi dobbiamo lavorare per poter comprare una casa e comprare una casa per poter mettere su famiglia, ecc…). La nostra mente viene continuamente abituata a spostarsi altrove (quando siamo a lavoro pensiamo a cosa avremo da fare una volta che saremo a casa e viceversa). Siamo sempre in un altro spazio e in un altro tempo rispetto a quello cui effettivamente accade. E questo a lungo andare è stressante e nocivo per il nostro organismo.

Come fare per contrastare tutto ciò?

La risposta spontanea sarebbe: fermandosi e rilassandosi. Il che è semplice ma non facile. Spesso infatti ci sdraiamo, cerchiamo di rilassarci, ma i pensieri nella nostra mente continuano susseguirsi e a tormentarci.

Cosa fare allora? Una soluzione efficace può essere quella di praticare una tecnica di rilassamento.

Ad oggi, fra le numerose tecniche di rilassamento, quelle confortate da maggiori dimostrazioni sperimentali sono: il rilassamento muscolare progressivo di Jacobson, il training autogeno, la relaxation response di Benson, la mindfulness e il biofeedback.

La maggior parte delle tecniche di rilassamento sono tecniche che la persona può impiegare da sola (rilassamento autoindotto) e per le quali è fondamentale l’allenamento: per apprendere la tecnica è necessario ripetere più volte determinate operazioni. Per tale ragione, per la buona riuscita di queste tecniche, è indispensabile essere profondamente motivati.

In precedenti articoli mi sono soffermata nel descrivere la pratica del Training Autogeno e del il rilassamento muscolare progressivo di Jacobson.

In questo articolo invece parlerò della mindfulness e della relaxation response di Benson, che si caratterizzano per essere entrambe tecniche di tipo meditativo. Hanno cioè lo scopo importante di riportarci al presente, a quello che sta accadendo, al qui e ora. Ci consentono di riappropriarci di noi stessi e di essere presenti a quello che siamo, che facciamo e viviamo.

La Mindfulness

Negli ultimi anni la psicologia clinica ha posto sempre più attenzione verso la mindfulness. Per spiegare in cosa consiste partirei dal significato del termine inglese che in italiano può essere tradotto con “consapevolezza” o “presenza mentale”. Infatti la mindfulness può essere definita come il prestare attenzione con intenzione al momento presente e in modo non giudicante.

Questa tecnica deriva dalle antiche pratiche contemplative buddiste di tradizione therevada ed è stata elaborata dal medico americano John Kabat-Zinn che, a partire dal 1979, l’ha utilizzata in ambito clinico al fine di ridurre lo stress in pazienti affetti da malattie organiche gravi e croniche che non rispondevano alle tradizionali cure mediche. Lo studioso americano infatti si era reso conto che lo stress di questi pazienti veniva alimentato dalle loro reazioni mentali alla malattia che si innescavano in modo automatico, andando ad influire poi negativamente sui problemi fisici associati alle condizioni di malattia.

Come si pratica la Mindfulness?

Praticare la mindfulness significa apprendere e sviluppare la capacità di consapevolezza, cioè di sapersi auto-osservare quanto più possibile in modo intenzionale, dirigendo uno sguardo puntuale ma non giudicante alle proprie sensazioni fisiche, alle proprie emozioni e ai propri pensieri così come li sperimentiamo nell’qui e ora, senza l’interferenza del pensiero che risente dell’esperienza passata o delle proiezioni sul futuro.

Nella prima fase della pratica della mindfulness l’obiettivo è quello di acquisire una maggiore consapevolezza delle modalità di funzionamento della propria mente quando si è in quella condizione che possiamo chiamare di “pilota automatico”, cioè quando non si è consapevoli delle esperienze che si vivono momento per momento e siamo portati a reagire alle situazioni, mettendo in atto schemi abituali e automatizzati, invece di scegliere, in maniera consapevole, il modo in cui comportarci e vivere la realtà.

Nel praticare la mindfulness la respirazione assume un ruolo fondamentale, poiché concentrarsi sul proprio respiro permette di ritornare alla consapevolezza ogni volta che stiamo per essere travolti dal continuo flusso interno di pensieri, preoccupazioni o distrazioni.

È inoltre importante ricordarsi che per acquisire questa capacità di consapevolezza ci vuole tempo e una pratica assidua e costante della tecnica.

Andando avanti con la pratica, l’attenzione viene diretta in modo specifico verso le sensazioni provenienti da ciascuna parte del proprio corpo (body scan), mantenendo uno stato di accettazione non giudicante.

Quindi progressivamente si passa da meditazioni solo sul respiro, a meditazioni sul corpo e poi a meditazioni anche di tipo immaginativo. Infine si passa all’allenamento di altre forme di meditazione come lo yoga hatha e la walking meditation.

La relaxation response

Negli anni ’70 il dott. Herbert Benson, cardiologo americano, pubblicò il suo libro “Relaxation response”, in cui descrisse i risultati dei suoi studi sugli effetti positivi delle tecniche di rilassamento sul cuore e sul sistema circolatorio e in generale per la salute delle persone.

La Relaxation Response (in italiano Risposta di Rilassamento) descritta da Benson è la risposta fisiologica naturale che si può ottenere con il metodo di rilassamento proposto dallo studioso e che serve a contrastare gli effetti negativi dello stress.

La tecnica del dott. Benson, dal punto di vista pratico, è estremamente semplice e di facile applicazione: è sufficiente un’unica seduta per istruire il soggetto alla procedura. E può essere praticata da chiunque e a tutte le età. Ovviamente per ottenere benefici nel tempo è fondamentale praticarla con costanza (20 minuti al giorno, due volte al giorno).

Per evocare la risposta di rilassamento non dobbiamo far altro che metterci comodamente seduti e ripetere una parola o una frase o un suono o una preghiera (la cosa migliore è che abbia un significato per noi). Focalizzarsi su questa ripetizione ci porta ad essere così concentrati da far diminuire e regolarizzare il ritmo della respirazione ed induce rilassamento.

Benson raccomanda di non praticare l’esercizio dopo un pasto, poichè i processi digestivi potrebbero interferire con l’elicitazione della risposta di rilassamento.

Sei pronto per provare la relaxation response? Ecco un esempio.

  1. Siediti in una posizione comoda;
  2. quando sei pronto, chiudi gli occhi;
  3. rilassa progressivamente tutti i muscoli del tuo corpo, iniziando dai piedi e procedendo verso l’alto fino al viso;
  4. respira con il naso. Inspira ed espira profondamente e lentamente, senti l’aria che lentamente riempie l’addome, senti le costole che si allargano e lo sterno che si alza; poi senti l’aria che lentamente esce prima dal torace e poi dall’addome;
  5. concentrati sul tuo respiro e, mentre butti fuori l’aria, ripeti (o pensa) la parola one … inspiri … espiri … one; dentro … fuori … one…
  6. continua per 10-20 minuti, poi riprendi a respirare in modo tranquillo e naturale. Resta seduto e con gli occhi chiusi per alcuni minuti e poi piano piano riaprili.

Non ti preoccupare sei non sei riuscito a rilassarti con successo. È normale incontrare inizialmente delle difficoltà: se si sono presentati dei pensieri distraenti, limitati ad ignorarli tornando a ripetere la parola one; mantieni un atteggiamento passivo e lascia che il rilassamento arrivi da sé. Vedrai che praticando questo esercizio con costanza, una volta o due al giorno, il rilassamento arriverà con una sempre maggiore facilità.

 

Per approfondimenti:

Stress e disturbi da somatizzazione, di A. Compare ed E. Grossi, ed. Springer;