Non si deve essere fans sfegatati di Ellen DeGeneres per apprezzare il valore del motto essere reciprocamente gentili. Ma, mentre ci ricordiamo più facilmente come la gentilezza può essere molto utile nelle nostre interazioni quotidiane con gli altri, spesso dimentichiamo di applicarla a coloro che ne hanno più bisogno: noi stessi. Che si tratti di stabilire un obiettivo personale di perdita di peso o di credere di poter sostenere un esame finale, abbiamo tutti familiarità con l’esperienza di stabilire standard elevati da raggiungere. Abbiamo ancora più familiarità con l’inevitabile delusione che deriva dal non essere all’altezza di quegli stessi standard. E questo i perfezionisti lo sanno molto bene.

Il perfezionismo non è sempre un problema: a volte, se ci sforziamo di raggiungere degli obiettivi ambiziosi senza però essere eccessivamente autocritici, potremmo arrivare a sperimentare livelli relativamente più elevati di autostima, e minori sentimenti negativi verso noi stessi.

Viceversa, se credi costantemente di non essere abbastanza bravo, se ti giudichi in base alle tue mancanze e se sei costantemente preoccupato che altre persone non ti approvino, allora il tuo perfezionismo potrebbe essere un problema e diventare disadattivo. Questa forma di perfezionismo è infatti collegata a sintomi depressivi, sia negli adolescenti che negli adulti. Non sorprende quindi che i ricercatori siano curiosi di sapere di più sugli interventi che aiutano a respingere questo perfezionismo disadattivo. In uno studio recente, i ricercatori hanno esaminato la possibilità che l’auto-compassione possa proteggere dagli effetti negativi del perfezionismo disadattivo.

La domanda è: la gentilezza auto-diretta può aumentare le nostre possibilità di vivere una vita piena e sana? Può combattere i sintomi della depressione che provengono da questa versione meno ideale del perfezionismo?

Cosa è l’auto-compassione?

A questo punto potresti iniziare a domandarti:  ma che cos’è esattamente l’auto-compassione? Ed è qualcosa che può essere coltivata da chiunque o è un’abilità disponibile solo per alcuni?

Per far luce su queste domande, i ricercatori hanno suddiviso l’auto-compassione in tre componenti principali:

– auto-gentilezza;

– esperienza umana comune;

– consapevolezza.

Mentre la prima componente non ha bisogno di molte spiegazioni, le altre due richiedono un’attenta considerazione. Quando ci accade qualcosa di terribile, spesso la reazione iniziale è sedersi e sguazzare nel nostro dolore e nell’autocommiserazione. Ci convinciamo che nessun altro stia attraversando problemi simili nelle proprie vite. Ma questo non è vero. Statisticamente parlando, è un giudizio errato. Per accettare di più noi stessi, dobbiamo renderci conto che non siamo mai soli e isolati come pensiamo di essere. Questo è quello che i ricercatori hanno tradotto con il termine “esperienza umana comune”.

Allo stesso tempo, molti sono inclini ad analizzare eccessivamente le esperienze dolorose o a cercare di evitare del tutto i sentimenti negativi. La consapevolezza quindi consiste nel riconoscere i nostri pensieri, sentimenti ed emozioni senza giudizio e accettarli come parte dell’esperienza umana comune.

Tornando allo studio di cui sopra, tenendo conto di queste tre sotto-componenti, i ricercatori hanno deciso di indagare se l’auto-compassione indebolisce la relazione tra perfezionismo e depressione in adolescenti ed adulti.

Lo studio

Sono stati effettuati due studi: uno sugli adolescenti e l’altro sugli adulti.

Per il primo studio sono stati reclutati 541 adolescenti. Ai partecipanti è stato chiesto di compilare tre questionari online durante l’orario scolastico, nell’ambito di uno studio di intervento sul benessere più ampio. I questionari indagavano il perfezionismo, l’umore e i sentimenti, l’autostima e la compassione personale. Dallo studio è risultato che l’auto-compassione moderava o indeboliva la relazione tra perfezionismo disadattivo e depressione.

I ricercatori volevano vedere se gli stessi risultati sarebbero stati validi per gli adulti. Così sono stati reclutati, attraverso annunci online, 515 adulti. Ai partecipanti è stato chiesto di compilare gli stessi questionari compilati dagli adolescenti. Ed anche in questo campione adulto è stato rilevato che l’auto-compassione indebolisce la relazione tra perfezionismo e depressione.

Perché questo è importante?

Sembra che la cultura di oggi, più di ogni altra cosa, apprezzi la perfezione. Genitori e insegnanti possono spingerci verso l’eccellenza a scuola, i nostri amici possono giudicarci dal modo in cui ci vestiamo e agiamo in loro compagnia, e, forse ancora peggio, i nostri account sui social media ci ingannano costantemente nel pensare che ci sono persone là fuori che effettivamente hanno vite perfette.

Ecco, adesso sappiamo che c’è una buona ed una cattiva notizia.

La cattiva notizia è che non possiamo sradicare completamente i pensieri perfezionistici.

La buona notizia è che possiamo provare a cambiare la nostra relazione con quei pensieri attraverso l’auto-compassione. Se impariamo a coltivare la gentilezza, la connessione e la consapevolezza di noi stessi, mentre ci sforziamo di raggiungere i nostri obiettivi, qualsiasi battuta d’arresto che incontreremo lungo il cammino, la affronteremo con maggiore resilienza e forza mentale. Di conseguenza, avremo meno probabilità di cadere vittima degli effetti debilitanti della depressione e più probabilità di vivere una vita felice ed equilibrata.

Quindi, come ci ricorda Ellen DeGeneres, sii sempre gentile con gli altri. Ma prima di farlo, assicurati di occuparti prima di te. In questo caso, va bene essere un po’ egoisti.

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Ne ho già parlato QUI: il desiderio di migliorarsi, o di mantenere standard di rendimento elevati, non è necessariamente un problema. Il perfezionismo diventa problematico (o patologico), differenziandosi da un sano desiderio di migliorarsi, quando una persona pone per se stesso (e a volte anche per gli altri) degli standard di comportamento così elevati e ben al di sopra delle proprie possibilità da compromettere il proprio benessere psicologico e, molto spesso, anche i rapporti con le persone che ha accanto. Per contrastare questa tendenza perfezionistica quello che possiamo fare è coltivare un po’ di auto-compassione, cioè imparare ad essere gentili e comprensivi con la persona a noi più cara: noi stessi!

Se senti di non riuscire a farcela da solo, rivolgiti ad uno psicoterapeuta che ti aiuterà a vedere le tue qualità e ad accettare i tuoi difetti. Imparerai ad articolare i desideri e le vulnerabilità che possono portare al perfezionismo e, man mano che diventerai più accettante con te stesso, sentirai che la pressione per essere perfetto tenderà a diminuire.