Petra era furiosa quando si è svegliata la mattina, furiosa con se stessa. La sera prima si era incontrata con una vecchia amica in visita da fuori città. La sua amica stava attraversando un divorzio complicato ed aveva bisogno di parlare. Così Petra si era presentata alla serata pronta ad ascoltare e ad essere una buona amica.

Quella sera faceva molto freddo a New York City, così avevano preso un tavolo all’interno di un ristorante. La sua amica si era presentata indossando la mascherina e si erano salutate con l’ormai, ahimè, conosciuto saluto con il gomito. Poi, però, la sua amica si era tolta la mascherina, sostenendo che non era necessario tenerla perché avrebbero mangiato. Così, per un momento, anche Petra si era tolta la mascherina e le due si erano tuffate in una conversazione.

Dopo pochi minuti, però, Petra si era sentita sopraffatta dalla paura . All’improvviso le era venuto in mente che il giorno prima la sua amica era stata su un aereo. La sua amica aveva anche menzionato (con nonchalance) che l’ultima volta che era stata testata era stato più di due settimane prima del viaggio a New York. Mentre continuava a parlare, Petra si era ritrovata a sentirsi sempre più spaventata e, contemporaneamente, completamente intrappolata. 

Petra aveva, così, deciso di rimettersi la mascherina, ma quello che non aveva fatto, e per quello era così arrabbiata con se stessa, era stato di chiedere alla sua amica di rimettersi anche lei la mascherina.

A questo punto della storia, viene naturale chiedersi: perché Petra non ha chiesto alla sua amica di rimettersi la mascherina? 

Il bisogno di piacere

Se avessimo la possibilità di chiedere a Petra come mai non ha chiesto alla sua amica di rimettersi la mascherina, molto probabilmente, ci risponderebbe che chiederglielo sarebbe stato scortese, soprattutto considerando quanto dolore stava provando la sua amica per via del divorzio e quanto sembrava felice di essersi potuta togliere la mascherina. Chiedere sarebbe stato un “fastidio” e di certo Petra non voleva essere fastidiosa. Inoltre, chiederglielo avrebbe insinuato che la sua amica potesse essere infetta, e questo sarebbe stato come insultarla, e un modo per dire che non si fidava di lei. Come se ciò non bastasse, essere onesta riguardo alla sua preoccupazione l’avrebbe resa una “guasta-feste”, difficile e nevrotica.

Petra era consapevole della sua paura, e persino della sua legittimità, ma nondimeno non era riuscita a convincersi a darne voce. Non importa come cercasse di razionalizzare ciò che stava accadendo, sapeva che si stava mettendo a rischio. Tuttavia, se ne stava lì seduta come una “brava ragazza”, ascoltando in silenzio ed empaticamente la sua amica, guardando le goccioline di saliva volare dalla sua bocca. Nonostante il suo disagio e la sua paura, non era disposta a fermare ciò che stava accadendo. Non voleva rischiare di essere spiacevole.

Alla fine, Petra aveva scelto di proteggere l’esperienza della sua amica, invece di proteggere la propria.  Il proprio bisogno di piacere era risultato più forte di quello di proteggersi.

Sei consapevole del tuo bisogno di piacere?

Leggendo il racconto, ti sei riconosciuto in Petra? È capitato anche a te di vivere un’esperienza simile? E di provare rabbia, confusione e rimpianto per questo? Non ti preoccupare, sei in buona compagnia.

Oppure,  pensi che la scelta di Petra, di assecondare la sua amica, sia incomprensibile? Qualcosa che non faresti mai? In realtà, la maggior parte di noi cade preda dell’abitudine di piacere alle persone, a proprie spese, in un modo o nell’altro.

Per alcune persone, poi, in particolare per le donne, può sembrare davvero difficile non essere ciò che immaginano che gli altri vogliano che loro siamo, deludere gli altri. A volte può sembrare una scelta di vita o di morte, come la sopravvivenza emotiva.

L’importante è ricordarsi (e continuare a ricordarsi) queste esperienze e come ci siamo sentiti al seguito. Queste esperienze sono fondamentali per la nostra crescita; non possiamo cambiare se non riconosciamo e rispettiamo profondamente il potere del nostro bisogno condizionato di essere ciò che immaginiamo che gli altri vogliono che siamo.

Non sappiamo se Petra avrà contratto o non avrà contratto il COVID-19, quello che sappiamo, in ogni caso, è che si è messa maggiormente a rischio perché non poteva rischiare di non essere ciò che la sua amica voleva che fosse. La minaccia di non essere gradita si è rivelata più forte di quella di contrarre un virus potenzialmente mortale.

 Come si fa a smettere di essere compiacenti ed iniziare a essere reali?

Se resistiamo all’impulso di criticare noi stessi per la nostra scelta, e invece usiamo tali esperienze come insegnanti, queste esperienze possono condurci al cambiamento e servire come punti di svolta fondamentali nella vita.

Quindi:

1. Coltiva la consapevolezza

Per prima cosa, inizia prestando molta attenzione alla tua esperienza. La consapevolezza è la chiave; senza consapevolezza, continueremo a recitare i nostri schemi abituali di compiacere le persone.

Se non diventiamo consapevoli dei nostri sforzi inconsci per essere piacevoli, non possiamo cambiarli.

Quello a cui devi prestare attenzione è quando (o dove) ti stai allontanando dalla tua verità, quando ti stai “comportando” e diventando chi pensi sia desiderato dagli altri. Aiutati, ad esempio, domandandoti: Quali sono le circostanze abituali in cui diventi compiacente? Chi sono le persone che attivano questa modalità? Perché pensi di farlo? Come potresti comportarti diversamente la prossima volta?

2. Presta attenzione ai “cattivi” sentimenti

Se ti accorgi di sentirti arrabbiato, risentito, frustrato o triste dopo un’interazione con qualcuno, chiediti se ad alimentare questi sentimenti ha contribuito l’essere stato compiacente. Hai appena accettato di nuovo qualcosa che non vuoi fare? Hai appena detto una bugia a qualcuno per renderlo felice? Spesso il bisogno di piacere alle persone è così profondamente radicato in te che non ti accorgi nemmeno di farlo; i sentimenti negativi che hai dopo (verso di te o verso un’altra persona) possono essere l’unico indizio.

3. Inizia a cercare di piacere anche a te stesso

Quando noti che sei scivolato nella modalità “compiacente”, considera la possibilità di piacere anche a te stesso. Se aiuta, puoi chiudere gli occhi, in modo da non vedere la persona che pensi di deludere. Oppure immagina di dire quelle parole a te stesso, ma dille ad alta voce.

4. Riconosci la differenza tra l’essere premurosi e la compiacenza

Non si tratta di non fare mai più niente per nessun altro. Nota quando nel tuo cuore vuoi sinceramente fare qualcosa per qualcuno rispetto a quando stai facendo qualcosa solo perché qualcun altro lo vuole, o vuoi manipolare la situazione, o temi le conseguenze se non lo fai. Imparare la differenza ti aiuterà a fare scelte migliori per te stesso.

5. Non preoccuparti di diventare “egoista”

Molte persone temono di diventare (o essere viste come) egoiste se iniziano a onorare i propri bisogni e dire di no. Ma in realtà le persone veramente egoiste non si preoccupano di essere egoiste! A loro non importa.

Inoltre, ricorda: tutto può essere detto bene. Ad esempio, nel racconto Petra avrebbe potuto dire: “Ehi, sei appena scesa da un aereo, sarei più a mio agio se indossassi una mascherina”. La richiesta è semplice, diretta ed onesta. Non si tratta, infatti, di spiegare i tuoi sentimenti. Non ti devi difendere e non devi incolpare nessuno. Semplicemente, devi comunicare la tua esperienza, senza assecondare i film che ti fai nella tua mente.

Perché voler compiacere gli altri è sbagliato?

Prendersi cura degli altri non è una brutta cosa e non siamo “cattivi” o “sbagliati” se lo facciamo. Il problema insorge quando prendersi cura degli altri va a scapito di prendersi cura di noi stessi.

Inoltre, ogni volta che ci rafforziamo la convinzione che non è sicuro essere chi siamo veramente e che l’unico modo per essere accettati è diventare chi vuole qualcun altro, questo ci tiene bloccati negli stessi schemi abituali. E, peggio ancora, può farci sentire fondamentalmente non amati e non amabili, credendo che la nostra amabilità dipenda dalla nostra disponibilità e capacità di piacere.

Come si fa a “diventare” reali?

Così come non si impara ad essere piacevoli agli altri dall’oggi al domani, allo stesso modo, non s’impara a “diventare” se stessi dall’oggi al domani. È un processo. Iniziamo con piccoli passi, esercitandoci in quelle che sembrano situazioni a basso rischio. Ad esempio, dicendo gentilmente alla cameriera che non è quello che abbiamo ordinato, o facendo sapere ad un’amica che non vogliamo davvero fare una passeggiata al freddo, anche se ha bisogno di fare un po’ di esercizio. Attraverso la pratica, costruiamo i muscoli per prenderci cura di noi stessi. E, ogni volta che ci alleniamo, diventa un po’ più facile e i muscoli diventano un po’ più forti.

Più impariamo ad esprimere i nostri bisogni, più sentiamo di meritare di esprimere i nostri bisogni. Ogni volta che scegliamo di essere reali, invece di essere piacevoli, proviamo una sensazione di forza, rispetto di noi stessi e radicamento. Inoltre, finiamo per costruire relazioni che sono corrispondentemente fondate e reali, basate sulla verità e, quindi, affidabili. Proprio quello che pensiamo, erroneamente, di creare essendo piacevoli. Ancora più importante, costruiamo una relazione con noi stessi fondata sull’essere amabili, sull’amarci e sull’essere incrollabilmente dalla nostra parte.

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Il bisogno di compiacere, di accontentare l’altro è un bisogno piuttosto familiare per la maggior parte di noi. Vogliamo che le persone siano felici con noi. Vogliamo essere un buon amico, partner, madre, figlia, collega o parente. Quindi agiamo in modi che pensiamo renderanno felice un’altra persona … con noi. E quando questo bisogno è fondato su una genuina preoccupazione per l’altra persona, funziona magnificamente, perchè ci spinge a prestare attenzione ai sentimenti e al benessere delle altre persone, ispirando azioni premurose. Il problema è quando questo bisogno è fondato sulla paura di non essere amabili se non siamo pronti e disponibili a compiacere le altre persone. Perché, in questo caso, il pericolo è di non prendersi cura di se stessi, di mettersi in situazioni pericolose e relazioni non rispettose.