Diventiamo depressi quando non riceviamo quello che vogliamo e non riceviamo quello che vogliamo perché non ci è mai stato insegnato ad ottenerlo. Invece, ci è stato insegnato ad essere bravi ragazzi e brave ragazze, brave madri e bravi padri. Se vogliamo essere una di queste cose, tanto vale abituarci ad essere depressi. La depressione è la ricompensa per essere “bravi”. Invece, se lei vuole stare meglio, la invito a chiarire cosa vorrebbe che le persone facessero per renderle la vita più bella.” (M.B. Rosenberg).

La mancanza di consapevolezza relativamente a quello che vogliamo dagli altri, e quindi l’utilizzare un linguaggio vago, contribuisce significativamente alla nostra depressione e frustrazione.

Come mai?

Perché non riuscendo ad esprimere chiaramente quello che vogliamo dagli/agli altri, è molto probabile che i nostri bisogni non vengano capiti e, anzi, sistematicamente disattesi, generando in noi rabbia e frustrazione.

Come posso esprimere le mie richieste in modo tale che gli altri siano maggiormente disposti a rispondere con empatia ai miei bisogni?

Una regola basilare è quella di utilizzare un linguaggio positivo quando formuliamo una richiesta: cioè dovremmo chiedere quello che vogliamo e non quello che “non vogliamo”. Ad esempio, se desideriamo che una persona passi più tempo con noi invece che a lavoro, è meglio dire:  “vorrei che passassi più tempo a casa con me”, invece che dirle “vorrei che non passassi così tanto tempo a lavoro”. Apparentemente può sembrare che le due espressioni sottendano la medesima richiesta, ma in realtà nel secondo caso, esprimendo la richiesta in modo negativo, aumentiamo la probabilità che l’altra persona sia confusa su quale sia effettivamente la nostra richiesta. Inoltre le richieste negative provocano maggiore resistenza.

A volte, invece di esprimere chiaramente la nostra richiesta, esprimiamo soltanto i nostri sentimenti e diamo per scontato, erroneamente, che l’altra persona abbia chiaro quello che vogliamo da lui/lei.

Ok, devo dire quello che voglio e non quello che non voglio. Semplice. Tutto qui?

Oltre ad usare un linguaggio positivo, è fondamentale evitare forme linguistiche vaghe, astratte o ambigue ed articolare le nostre richieste in forma di azioni concrete che gli altri possono intraprendere. Dire “voglio che tu inizi a dimostrarti un po’ più responsabile” è una richiesta troppo vaga ed astratta, che quasi sicuramente andrà incontro ad essere disattesa. Occorre essere più specifici e concreti e dettagliare all’altro cosa dovrebbe fare per mostrare quella responsabilità di cui si parla.

Utilizzare un linguaggio vago ed astratto oltre a non aiutare l’altro a capire bene le nostre richieste, spesso sottintende o genera anche confusione in noi stessi riguardo a quello che vogliamo dagli altri. E a sua volta questa mancanza di consapevolezza può farci sperimentare frustrazione e depressione.

Infatti a volte capita che, quando ci relazioniamo, non siamo affatto consapevoli di quale sia la nostra richiesta, di quello che vogliamo dagli altri. Anzi, spesso siamo convinti di non voler niente dall’altro, di non star chiedendo nulla. In realtà ogni volta che diciamo qualcosa ad  un’altra persona, stiamo chiedendo qualcosa in cambio, anche solo un segnale verbale o non verbale del fatto che abbia capito le nostre parole. Può darsi invece che stiamo chiedendo un’azione dell’altro che soddisfi i nostri bisogni, oppure “semplicemente” una risposta o reazione onesta e sincera alle nostre parole.

In ogni caso, tanto più abbiamo chiaro quello che vogliamo dagli altri e tanto è più probabile che lo otterremo, che i nostri bisogni verranno soddisfatti.

Mi capita spesso che quando chiedo qualcosa, l’altro prenda male questa mia richiesta, come posso fare?

Forse ti succede perché formuli le tue richieste senza prima esprimere i tuoi sentimenti e i tuoi bisogni relativi ad esse. In questo caso il problema è che le tue richieste verranno quasi sicuramente percepite come pretese o come un attacco (soprattutto quando le formuli sotto-forma di domanda).

Se la tua richiesta viene percepita come una pretesa, l’altra persona tenderà a pensare che verrà incolpato o punito se non si conformerà ad essa e, vedendo davanti a se solo la possibilità di ribellarsi o di sottomettersi, non risponderà con empatia.

Quindi quello che dovresti fare è chiederti se le tue sono richieste oppure pretese. Sempre se quello che vuoi è creare con quella persona una relazione basata sull’onestà e sull’empatia, in cui in bisogni di tutti vengono soddisfatti.

Come faccio a distinguere una richiesta da una pretesa?

Osserva il tuo comportamento quando, dopo aver fatto la tua richiesta, l’altra persona non fa quello che hai chiesto.

Infatti per distinguere una richiesta da una pretesa occorre osservare come reagisce chi ha avanzato la richiesta/pretesa se questa non viene adempiuta: se reagisce criticando o giudicando, allora era una pretesa.

Inoltre si tratta di una pretesa, e non di una richiesta, anche quando chi parla fa sentire in colpa l’altra persona.

Infine, se la persona che fa la richiesta interpreta come un rifiuto il fatto che l’altra persona non abbiamo fatto quello che chiedeva, allora anche in questo caso si tratta di una pretesa e in quanto tale verrà recepita.

Invece, se chi chiede da empatia ai bisogni dell’altra persona, anche se questa non ha fatto quello che chiedeva, allora siamo in presenza di una richiesta e non di una pretesa.

Il problema è che non è così semplice redimersi, nel senso che, più in passato abbiamo criticato, punito o fatto sentire in colpa le altre persone quando non si sono sottomesse alle nostre richieste, tanto più è probabile che ora interpreteranno le nostre richieste come pretese. E questo vale anche se non siamo stati noi, ma altri a fare così: più le persone sono state criticate, punite o indotte a sentirsi in colpa per non aver fatto quello che veniva loro richiesto, e più saranno propense a sentire una pretesa in ogni richiesta.

Ok, ma allora come posso a far percepire le mie richieste come semplici richieste?

Innanzitutto ricordandoti che il tuo scopo non è quello di cambiare le persone e il loro comportamento per far fare loro le cose a modo tuo; ma è invece quello di creare relazioni basate sull’onestà e sull’empatia, che successivamente soddisferanno i bisogni di tutti. Sempre se è questo che veramente vuoi.

Quindi verifica che nella tua mente non ci siano pensieri tipo quelli sottoelencati, che immediatamente trasformano le richieste in pretese:

dovrebbe pulire dove ha sporcato;

è il suo dovere fare quello che dico;

merito un aumento di stipendio;

sono giustificato per farli rimanere fino a tardi;

ho diritto ad avere maggior tempo libero.

Formulare i nostri bisogni in questo modo, infatti, ci porta a giudicare gli altri quando non fanno quello che chiediamo loro.

Dopo di chè, quello che devi fare, per far percepire all’altro che la tua è una richiesta e non una pretesa, è mostrare una comprensione empatica per ciò che impedisce agli altri di fare ciò che gli hai chiesto.

Questo non vuol dire che se l’altra persona disattende la tua richiesta tu devi lasciare perdere, ma che devi prima dare empatia a quello che impedisce all’altro di rispondere positivamente alla tua richiesta, e poi provare a riproporre la tua richiesta.

 

Tutto chiaro? Spero di si, perché è proprio la chiarezza, con noi stessi e con gli altri, alla base della comprensione reciproca.

 

Per approfondire

Le parole sono finestre oppure muri, di M.B. Rosenberg, ed. Esserci