Qualche giorno fa, nel mondo dello sport e non solo, ha fatto molto scalpore che la tennista numero 2 al mondo, Naomi Osaka, abbia deciso di abbandonare il torneo del Roland Garros e di ritirarsi per un po’ dalle competizioni per prendersi cura della propria salute mentale.

Cosa è successo?

La campionessa, già prima che iniziasse il prestigioso torneo francese, aveva annunciato che non avrebbe preso parte alle conferenze stampa pre e post partite perché nocive per la propria salute mentale. Ma le sue dichiarazioni non erano state ben accolte dagli organizzatori, tanto da multarla e minacciare di prendere provvedimenti più severi. L’accusa rivolta alla giovane tennista era quella di cercare una scorciatoia per sfuggire ai suoi impegni, nascondendosi dietro il problema della salute mentale.

Dopo la sofferta decisione di ritirarsi dal torneo e dal tennis giocato per un po’, Naomi ha dichiarato:

“Non banalizzerei mai la salute mentale né userei il termine alla leggera. La verità è che ho sofferto di depressione dallo US Open 2018 e ho faticato molto a convivere con tutto questo. Chi mi conosce sa che sono introversa, spesso ho le cuffie, che mi aiutano a controllare la mia ansia sociale. Sebbene i giornalisti siano sempre stati gentili con me, non mi sento bene quando devo parlare in pubblico e prima di discutere con i media di tutto il mondo sono travolta da attacchi d’ansia. Sono nervosa ed è stressante cercare di dare le risposte migliori”. 

I pregiudizi sulla malattia mentale

Appena ho letto questa notizia, la prima cosa che ho pensato è che i pregiudizi sulla malattia mentale avevano colpito ancora: Naomi è un’atleta forte, vincente, di successo, fisicamente prestante ed integra, quindi non può star male. Il suo aver detto che non avrebbe partecipato alle interviste per tutelare la propria salute mentale era per forza solo una scusa per evitare una cosa che non le andava di fare o che le faceva fatica fare. Sicuramente era solo un capriccio di una ragazzina spocchiosa ed arrogante.

E così:

  1. la questione “salute mentale” è stata sminuita, forse nemmeno presa in considerazione, dagli organizzatori del torneo. Prendersi cura della propria salute mentale non era un motivo valido per disertare la sala della conferenza stampa e il fatto di averlo detto in anticipo, addirittura sui social, era un attacco inaccettabile.
  2. si è persa di vista la ragazza, l’essere umano, Naomi, che è stata costretta a scegliere tra il torneo e la sua salute mentale e ha dovuto spiegare al mondo le sue difficoltà perché venissero prese sul serio.
  3. i pregiudizi sulla malattia mentale hanno colpito ancora.

Perché abbiamo pregiudizi sui disturbi psicologici?

Perchè i disturbi psicologici sono difficili da capire e da riconoscere, spesso sono come invisibili, a volte fanno paura, spesso sono vissuti con vergogna e reticenza.

Quante volte avete ignorato come vi sentivate perché avevate troppo da fare? Quanto spesso tirate avanti il più possibile perché fermarsi è fuori discussione?

La salute mentale non è un diritto

La salute mentale viene messa spesso e volentieri al secondo posto, l’idea che sia un più che valido motivo da tenere in considerazione e al quale prestare massima attenzione e cura non è ancora entrato a pieno nella nostra cultura. Neanche oggi dopo quello che abbiamo passato con la pandemia da Covid-19.

Ancora oggi un osso fratturato “conta” di più di un disturbo d’ansia o di depressione. Semplicemente perché l’osso fratturato è più visibile e quindi reale. Infatti per un osso fratturato chiunque andrebbe  all’ospedale a farsi curare e, se non volessimo farlo, sicuramente parenti ed amici ci spronerebbero in tal senso. Quando invece l’infortunio non è fisico ma psicologico spesso non succede lo stesso.

Il muro dei pregiudizi sul malessere psicologico è ancora troppo alto: i disturbi psicologici vengono ancora troppo spesso trascurati o sminuiti, e le persone che ne soffrono discriminate, finendo così per evitare di chiedere aiuto o per rinunciare alle visite e alle terapie più opportune, solo per paura di una reazione negativa da parte della comunità o perché non se lo possono permettere.

Naomi Osaka si può permettere di ritirarsi per un po’ di tempo dalle competizioni per prendersi cura di se stessa e della propria salute mentale, ma tante persone non se lo possono permettere.

Naomi Osaka si è data il diritto di occuparsi della propria salute mentale, ma tante persone questo diritto non se lo danno, non se lo concedono o non è loro concesso.

In conclusione

Il “caso Naomi Osaka” evidenzia quanto sia necessario, ancora oggi,  impegnarsi per scardinare il muro dei pregiudizi intorno al disagio psichico, quanto sia importante ed urgente un cambio di prospettiva che porti a considerare la salute psicologica come un diritto.

Come hai il diritto a farti ingessare il braccio fratturato, allo stesso modo hai il diritto ad avere una buona salute psicologica e a rivolgerti allo psicologo, o ad un altro professionista della salute mentale, quando ne hai necessità.